CASTELLETTO DI BR. – La ciclovia “Ven.To.” è un progetto di percorso ciclo-pedonale turistico attrezzato per collegare Torino con Venezia, seguendo gli argini (a tratti quello destro, a tratti quello sinistro) del fiume Po e raccordando fra loro, oltre ai capolinea, anche le città di Casale Monferrato, Valenza, Pavia, Piacenza, Cremona, Casalmaggiore, Viadana, Guastalla, Revere, Bondeno, Ferrara, Porto Viro e Chioggia. A Pavia sarà prevista una diramazione che collegherà la direttrice principale con Milano, sfruttando la ciclo-pedonale Milano-Pavia già esistente lungo il Naviglio Pavese. L’idea del tracciato di circa 680 km è nata nel dipartimento di Architettura del Politecnico di Milano e, dopo la fase di concepimento, ha coinvolto cittadini, associazioni, tecnici, università e amministratori locali. La ciclovia “Ven.To.” sarà da intendersi come una grande “autostrada ciclabile” per muovere grandi flussi di cicloturisti nelle due direzioni, ma nelle intenzioni dei suoi ideatori sarà anche capace di generare occupazione ed economie a partire da una nuova idea di “turismo lento” (la realizzazione dell’opera dovrebbe portare lungo il suo percorso all’apertura di officine, aree di sosta attrezzate, punti di ristoro, Bed & Breakfast, ecc.).
Sarà una infrastruttura leggera, larga almeno 3,5 metri, diritta e continua, sicura e dedicata a ciclisti e camminatori. Gli argini sui quali sarà realizzata (3 metri di altezza dalle parti di Torino e oltre i 10 verso la foce del Po in mare Adriatico) per la loro conformazione sono molto adatti a ospitare piste ciclo-pedonali da dove si potrà dominare il paesaggio circostante in tranquillità. Dal 2016 il progetto “Ven.To.” è divenuto parte del “Sistema Nazionale di Ciclovie Turistiche”, mentre a dicembre 2019 si è concluso l’iter di fattibilità tecnica ed economica (PFTE) – primo di tre livelli di progettazione che precedono la realizzazione – e a oggi sono ben 13 i lotti finanziati grazie a risorse statali, regionali e comunali. Infine, ad aprile 2020 è stato dato avvio alla progettazione definitiva ed esecutiva dei primi quattro lotti funzionali della ciclovia, uno in ciascuna delle regioni coinvolte (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto).
Attualmente non ci sono ancora le condizioni per poter percorrere la “Ven.To.” in sicurezza e per tutta la sua estensione, soprattutto nelle nostre zone. Se ci spostiamo, invece, in Emilia, e precisamente nelle provincie di Parma, Reggio, Ferrara, oppure nell’Oltrepò Mantovano, possiamo vedere che esistono già ciclovie funzionali che – costeggiando l’argine meridionale del “Mississippi Padano” – permettono di arrivare fin quasi al Delta del Po. Queste piste ciclo-pedonali locali saranno raccordate fra loro ed entreranno a far parte del tracciato “Ven.To.”. Per quanto riguarda, invece, la parte che a noi interessa maggiormente, ovvero quella “piemontese” e quella “pavese”, purtroppo ci sono scoraggianti notizie: i nostri argini tutt’ora non sono ancora praticabili per un turismo ciclistico e molti di essi sono occupati da trafficate strade provinciali e comunali (basti pensare alla S.P. 12 che collega Bressana con Casei Gerola).
Qualcosa, però, finalmente pare muoversi anche qui da noi. E’ dello scorso maggio la notizia (riportata anche in un articolo di un quotidiano locale) che ben 12 piccoli comuni dell’Oltrepò occidentale saranno uniti fra loro da un sistema di piste ciclopedonali per una lunghezza totale di circa 40 km. Queste piste si collegheranno a loro volta non solo con la “Ven.To.”, ma anche con la greenway Voghera-Varzi e, al di là del Po, con la Via Francigena, di cui Pavia è una storica importante tappa. Questa rete di ciclovie, che alla fine saranno delle diramazioni della direttrice “Ven.To.”, permetteranno di valorizzare alcune aree molto belle e potenzialmente turistiche della zona, tra le quali la garzaia della Roggia Torbida di Bottarone, il Parco Palustre di Lungavilla, il Bosco Arcadia di Pancarana, il Parco dei Ronchi di Verretto, il Castello di Argine, il Castello di Branduzzo, il Palazzo Mezzabarba di Casatisma, la Villa Meroni di Porana, l’attracco fluviale di Rea e la Cascina Bella di Bressana.
L’apertura della “Ven.To.” e di questi annessi percorsi che conseguenze porteranno al nostro territorio? Promuoverà e incentiverà l’uso e una cultura di riscoperta della bicicletta? “Sicuramente sì, un po’ come lo è stata la pista che hanno fatto da Voghera a Varzi, sfruttando la vecchia ferrovia – ha commentato Giuliano Lenti della “Lentibike” di Castelletto – Sull’esempio di quel circuito, io penso che una pista di questa tipologia, come lo è la Ven.To., potrà assolutamente sviluppare e far crescere questa cultura. Io vedo ogni giorno la gente che ha voglia di trovare sentieri, percorsi e itinerari alternativi da percorrere in bicicletta. E ovviamente in regime di assoluta sicurezza”. Lenti è un imprenditore pavese che a Castelletto di Branduzzo ha un centro specializzato nella vendita di automobili e di veicoli commerciali, a ridosso della S.P. Bressana–Salice.
E’ anche titolare dello “sleep & drive” Lenti Affittacamere, una struttura bed & breakfast di 4 stanze con bagno privato, TV, aria condizionata e riscaldamento autonomo, un’isola felice che non poteva che trovarsi al centro del polo motoristico più importante della provincia, ovvero fra il Castelletto Circuit e il 7 Laghi Kart. Più recentemente, però, il brand “Lenti” ha capito che il passaggio alla mobilità sostenibile è diventato realtà, così si è concretizzata anche la nascita del marchio LENTIBIKE, concessionario dei migliori marchi del settore della bicicletta elettrica (comunemente detta “eBike”), bici alla cui azione propulsiva umana (la pedalata) si aggiunge quella di un motore elettrico a corrente continua. Le eBike consentono di salire in sella senza dover pensare troppo ai propri limiti di età, di peso o di condizione fisica. Negli ultimi anni in Italia, e non solo, c’è stato un vero e proprio ‘boom’ del mercato delle eBike. Secondo i dati raccolti da Confindustria, nel 2021 nel nostro Paese sono state vendute 290.000 eBike, ovvero più del doppio delle vendite delle biciclette classiche.
“Ho puntato sulle eBike per svariati motivi – ci ha raccontato Giuliano Lenti – Primo, per voler diversificare. Noi vendiamo automobili, siamo qui a Castelletto da una decina d’anni, ma un paio d’anni fa, in occasione del lockdown, abbiamo notato che c’era molta domanda di eBike, e da lì c’è venuta l’idea di provarci. Ovviamente, c’è anche un discorso legato all’ecologia e alla sensibilità verso l’ambiente che ci ha spinto in questa direzione”. Una domanda proprio da neofiti: ma le eBike a differenza delle biciclette classiche come funzionano? “Le eBike funzionano esattamente come le normali biciclette, solo che si fa meno fatica: c’è un motorino che aiuta la pedalata, dà una spinta che può essere più o meno leggera a seconda di come si vuole regolare l’intensità della pedalata stessa. E’ fantastica in salita, sia per chi abita in collina o in prima collina, sia per chi pratica cicloturismo di un certo tipo. Avere un’eBike consente di fare cose che con una bicicletta normale non si riuscirebbe assolutamente a fare, salvo avere delle gambe allenate come quelle dei ciclisti. E’ un mezzo davvero molto versatile, che consente di far praticare il ciclismo un po’ a tutti”.
Rispetto ad altre zone d’Italia (p.e. la Romagna o le Marche) o d’Europa (p.e. l’Olanda o la Danimarca) qui da noi mancano di più le infrastrutture, intese come le piste ciclabili, o una cultura vera e propria della bicicletta? “Sono due aspetti legati fra loro, perché se ci fossero le piste ciclabili come si deve, la cultura verrebbe da sé. Manca soprattutto l’infrastruttura: dovrebbero esserci molte più piste ciclabili. Comunque, so che l’Unione Europea sta stanziando dei fondi ai Comuni per la realizzazione di piste ciclabili un po’ ovunque. Tuttavia, tra stanziare i fondi e poi realizzare le strutture ne passa parecchio. Sappiamo che in Italia ci sono un sacco di vincoli, divieti, una burocrazia spaventosa, ecc., quindi nonostante la disponibilità economica non so quanto ci vorrà ancora per raggiungere il livello che c’è in Europa. Ci sono Paesi che hanno un clima molto, ma molto più freddo del nostro, tipo la Finlandia o la Svezia, eppure lì vanno in bicicletta tutto l’anno, anche d’inverno. Nella stagione fredda le bici hanno copertoni con i chiodi e girano anche con il ghiaccio per terra: quindi non è neanche un fattore climatico, è proprio una mancanza di infrastruttura”.