BRONI – Tiziano Sclavi compie 69 anni. Il versatile autore nato a Broni nel 1953 e cresciuto anche fra Stradella e Pavia (poi trasferitosi a Milano e tuttora residente nel varesino), oltre a essere un noto fumettista della Sergio Bonelli Editore (è stato il creatore di “Dylan Dog”, una delle serie a fumetti italiane di maggior successo), è stato anche scrittore di romanzi gialli, thriller, noir – molti dei quali ambientanti nella nostra provincia – ma soprattutto horror, in particolar modo quel sub-genere sociologico e introspettivo. Il suo stile visionario, onirico e surreale è stato accostato ad autori come Dino Buzzati e Italo Calvino. Lo scrittore e drammaturgo Valentino Bompiani lo ha definito (in un’intervista sul quotidiano Reporter) “uno scrittore iperrealista-surrealista di talento”.
La carriera di Tiziano Sclavi è iniziata negli anni ’70 al “Corriere dei Ragazzi”, dove scriveva testi per i fumetti. Nel 1974 ha pubblicato per la casa editrice Bietti la sua prima opera letteraria: “I misteri di Mystere”, una raccolta di racconti che ha come protagonista un giovane investigatore privato francese che indaga sugli omicidi commessi in una Parigi notturna e tenebrosa. Già da questo libro d’esordio (riedito da Mondadori nel 1992) si intravedono le notevoli doti di narratore, con il quale Sclavi propone veri e propri casi “rompicapo” (nella migliore tradizione hitchockiana) che inducono il lettore a risolvere problemi di logica, di psicologia e di scienza analitica. Nel 1974 per la casa editrice Il Formichiere uscì, invece, il suo primo romanzo completo: “Film”, un libro strutturato a sequenze narrative di “fotostop” horror e splatter, che vinse il Premio Scanno. Nel 1975 e nel 1978 uscirono rispettivamente i racconti “Un sogno di sangue” e “Guerre Terrestri” (ediz. Rusconi), che saranno rivisti e riscritti negli anni successivi.
L’ingresso alla Sergio Bonelli Editore e la creazione del fumetto “Dylan Dog” (1986) tennero Tiziano Sclavi qualche anno lontano dal mondo della narrativa. La successiva uscita in libreria fu datata solo 1988, quando venne alla luce il romanzo “Tre”, edito inizialmente da Camunia. L’opera, caratterizzata dalla particolare tecnica narrativa che alterna diversi universi paralleli – in cui il protagonista è costretto a vagare per ritrovare la sua identità – confermò sempre di più il talento innovativo e anticonformista dello scrittore bronese.
Il 1991 fu l’anno più importante della sua carriera, perché Sclavi pubblicò il romanzo più celebre, che sarà trasportato (purtroppo non perfettamente…) su pellicola cinematografica, ampliandone così il successo. Si tratta di “Dellamorte Dellamore”, un romanzo horror amaro e ironico, ma anche insuperabile nel metaforizzare il diabolico nascosto nella normalità quotidiana. Da questo manoscritto – rimasto inedito nel cassetto per ben otto anni – era nato il personaggio di “Dylan Dog”, che era una sorta di “alter ego” di Francesco Dellamorte, il protagonista del romanzo, un custode del cimitero della fantomatica cittadina di Buffalora (molto probabilmente una doppelganger della natìa Broni). Purtroppo la versione cinematografica del 1994 di Michele Soavi, nonostante il beneplacito dell’autore stesso, deluse le aspettative dei fan più oltranzisti: seppure il ruolo di Dellamorte fu affidato genialmente a Rupert Everett (impressionante la somiglianza con il volto di Dylan Dog…) e quello di Lei alla bellissima e sensuale Anna Falchi, ci sono stati grossolani errori di trasposizione. Il romanzo originale, innanzitutto, era ambientato nell’Oltrepò Pavese degli anni ’60, mentre il film venne girato in un Centro Italia moderno che snaturò non poco la “pavesità” dell’opera. Inoltre, seppure il finale del film è molto bello, è completamente diverso da quello completamente allucinante del romanzo.
Sempre nel 1991 Sclavi scrisse la sceneggiatura cinematografica di “Nero.”, un suo soggetto di alcuni anni prima, il cui romanzo sarà pubblicato dopo l’uscita dell’omonimo film. Anche qui, il giallo-noir metropolitano dalle atmosfere dark non fu trasportato perfettamente su grande schermo dal regista Giancarlo Soldi, nonostante l’eccezionale interpretazione di Sergio Castellitto. La versione cartacea scritta da Sclavi (Camunia, 1992) scaverà più a fondo la tematica della nuova civiltà urbana degli anni ‘90 senza identità né progetti per il futuro, dove le persone che vi vivono scambiano e smarriscono i propri ruoli.
Nel 1992 venne pubblicato “Sogni di sangue”, raccolta di quattro storie thriller ambientate in una Pavia fredda, nebbiosa e alienante. In questo libro Sclavi offre una quadrilogia da incubo dove non ci sono eroi, ma solo assassini e vittime che condividono lo stesso destino e dove la voglia di uccidere nasce dalle ossessioni quotidiane. Con questo libro lo scrittore si aggiudicò il Premio Giallo dell’Anno al “Festival in Noir” di Viareggio. Nel 1993 uscì, invece, la seconda edizione di “Apocalisse” (la prima era uscita nel ‘78 con il titolo di “Guerre Terrestri”), un romanzo fanta-horror di progressiva inquietudine, condita da una narrazione incantata. L’apocalittica avventura è vissuta dalla coppia Francesco e Cora, due cittadini mentre sono in vacanza nella sedicente e rivisitata Buffalora, sulle colline del nostro Oltrepò: in questi bellissimi scenari naturali l’angoscia comincia a cadere pian piano scandendo, a colpi di esplosioni e drammatiche metamorfosi, l’inevitabile fine del mondo.
Nel 1994 uscì “Mostri”, romanzo dark e gotico, che gli fece vincere il Premio Scerbanenco. I “mostri” del titolo del romanzo (ad ambientazione ospedaliera) non sono alieni o creature infernali, bensì emarginati, menomati, freaks da baraccone circense che lottano contro le malattie, i dolori, la solitudine e l’infelicità, ma che scoprono che la sofferenza è il reagente che produce voglia di vivere. L’ospedale, che a una prima lettura può apparire un inferno, è invece un luogo dove gli ospiti conducono un’esistenza da penitenziale che si fa salvifica.
Dal 1995 per l’autore oltrepadano ci fu una vera e propria svolta letteraria, perché Sclavi abbandonò le tematiche horror e noir per cimentarsi in qualcosa di più impegnato. “La circolazione del Sangue” (Camunia, 1995; Mondadori, 1996) fu l’opera di transizione in questo passaggio: un labirinto onirico, surreale e psicanalitico, sull’incessante reincarnazione di uno scienziato che crede di aver inventato il sistema per studiare il proprio cervello ma scopre, invece, la propria anima. Sempre nello stesso anno uscì “L’etichette delle camicie” (Giunti), una storia d’amore che incornicia altre storie ambientate in una Milano di sentimenti inquieti. Tenero e arguto, l’ormai ex narratore di incubi qui inizia a raccontare le nevrosi esistenziali, le inquietudini del lavoro quotidiano e la morte/rinascita delle utopie attraverso l’involontaria commedia della vita umana.
Le storie narrate in quest’ultimo libro proseguirono nel successivo “Non è successo niente” (1998, Mondadori), dove Sclavi ci racconta attraverso le sue crisi e le sue ossessioni una vera e propria autobiografia attraverso tre personaggi alter ego: Tiz (sceneggiatore di successo), Tom (alcolista, depresso, in crisi creativa e soggetto a tentazioni suicide) e Cohan – che rappresenta lo Sclavi attuale, che ha raggiunto un equilibrio e una serenità affettiva, ma che ha perso la vena creativa. Nonostante l’ottimo risultato qualitativo raggiunto con questo ultimo romanzo, Sclavi purtroppo pagò la scelta della svolta letteraria e dell’abbandono di quel genere meta-horror tanto caro ai suoi lettori: in termini di vendite di copie i bellissimi e intimisti “L’etichette delle camicie” e “Non è successo niente” furono dei flop commerciali.
Intervistato nel 1999 dal quotidiano “Il Mattino”, Sclavi affermò di aver scritto ormai tutto ciò che voleva scrivere, annunciando altresì il proposito di non pubblicare più nulla, anche a causa del risultato poco soddisfacente delle vendite dell’ultimo libro. Contrariamente a queste dichiarazioni, però, nel 2006 uscì a sorpresa quella che a oggi resta la sua ultima opera: “Il tornado di Valle Scuropasso” (Mondadori), un avvincente thriller ufologico, nel quale Sclavi ritorna a raccontare della sua terra natale, l’Oltrepò Pavese, e riprende a descrivere le fobie e gli orrori del quotidiano, con il solito stile estremamente asciutto e l’amara ironia di sempre.
Nonostante siano ormai passati 16 anni dalla sua ultima pubblicazione, le sue opere ancora oggi sono fonte di ispirazione per autori di genere e caposaldi irrinunciabili di formazione per gli appassionati di letteratura fantasy e horror. In un’intervista rilasciata anni fa Sclavi disse: “Nei miei romanzi ci sono moltissime situazioni autobiografiche, nei fumetti un po’ meno. Comunque trovo necessario che ci siano, nel senso che, in ogni caso, qualunque cosa tu scriva, ci devi mettere un po’ di te stesso, altrimenti sarà una storia senz’anima“. Tanti auguri di buon compleanno Maestro!