L’Oltrepò Pavese da riscoprire: ecco il nostro “Mississippi Padano”

MEZZANINO – E’ uno dei luoghi più belli del nostro territorio, ma nello stesso tempo è anche uno dei più snobbati. La sua bellezza deriva principalmente dall’essere rimasto genuino e incontaminato, un aspetto davvero raro nel mondo di oggi, dove la mano dell’Uomo spesso (non sempre) ha deturpato in maniera irreversibile posti e scorci. Ma c’è una cosa in Oltrepò Pavese, data la sua “unicità”, che non potrà mai essere toccata. E’ la bellezza del nostro Grande Fiume, il “Mississippi Padano”, il maestoso Po. Di oltre 600 km di lunghezza dalle sorgenti del Monviso fino alle foci in Adriatico nel Basso Polesine, il Po attraversa la nostra provincia da ovest a est, tagliandola apparentemente in due, ma in realtà facendo da collante fra Pavese, Lomellina e Oltrepò. Mentre in altre regioni il corso d’acqua segna confini territoriali, qui da noi, invece, percorre parecchi chilometri all’interno di un unico grande territorio.

In Oltrepò entra dalle parti di Cornale e della confluenza dello Scrivia. Sotto il gigantesco ponte di ferro a otto campane “della Gerola” (costruito nel 1916, ristrutturato nel 2000), forma diversi canali, che zig-zagano fra sabbioni grandi quasi come isolotti. Siamo a bordo di una bass-boat di quattro metri, con un motore fuoribordo di 25 cavalli. Possiamo salpare e partire per un’avventura che può essere davvero unica e inimitabile. Tuttavia, qui la navigazione è difficile, quasi impossibile, in periodi di secca. Meglio scendere un po’ più a “a valle”. Ma non prima di una sosta al ristorante “Acquadolce” (ex Tana del Lupo): sulla sponda lomellina, si mangia davvero bene. Purtroppo il turismo fluviale da noi è pressoché assente: si vedono correre solo barche e motoscafi di pescatori o di appassionati. La natura selvaggia e incontaminata viene interrotta dalla vista del mastodontico ponte dell’Autostrada A7: i più oltranzisti storceranno il naso, ma questi ponti di acciaio e cemento sono punti di riferimento importanti, perché fanno capire a che altezza ti trovi. I boati e i rumori di bolidi che sfrecciano fanno intuire, invece, che siamo vicini al circuito “Tazio Nuvolari” di Cervesina. Il meandro nei pressi della confluenza dello Staffora, poi le anse di Pancarana, il meraviglioso Bosco Arcadia – un parco vero e proprio di 84 ettari di superficie, un polmone verde immerso in un’area già tutta verde di sua. Allontanandosi dai ponti e dal traffico la cosa che colpisce maggiormente del Po è il silenzio irreale che ci circonda a bordo di un’imbarcazione a motore spento e trascinata dalla corrente. Non si sente niente e nessuno, e nessuno e niente può sentirti.

Nuove anse ed ecco finalmente sbucare il ponte di Bastida e di Bressana, caratteristico e unico allo stesso tempo. Al primo livello ci passa la ferrovia Milano-Genova, con i suoi treni passeggeri e merci che sfrecciano diretti in ogni angolo d’Italia, sopra invece rimbomba il sonnacchioso ma continuo traffico di auto e di camion della Statale 35 “dei Giovi”. Sulla destra uno dei miei posti preferiti: una piccola radura fra pioppi e salici, in prossimità di “Trenta Camini”. Sono tantissimi i posti dove immergersi in sane giornate di relax, ammirare scorci davvero belli o praticare piacevoli corse o camminate – l’argine maestro appare in tutto il suo splendore, mostrando solitari o gruppetti che fanno jogging o che ci guardano da lassù. Proseguiamo la nostra navigazione virtuale, addentrandoci nella parte più bella del fiume. Dopo il ponte stradale-ferroviario raggiungiamo Rea. Il piccolo borgo di 400 abitanti si riconosce dal campanile della chiesa che spunta fra la vegetazione, ma soprattutto dall’attracco posto sulla sponda meridionale. E’ un po’ una cattedrale in mezzo al deserto, posta lì fra la fitta vegetazione, sponde selvagge che sembrano infinite. Ma si può ormeggiare, legare la barca e con una camminata di una decina di minuti si raggiunge l’unico bar che c’è in centro paese.

Dopo la sosta di Rea continuiamo a scendere il Po, che qui percorre un lungo rettilineo. Almeno fino allo spiaggione di Mezzanino (sempre sulla destra): c’è un’ansa e subito dietro sullo sfondo appare un paesaggio inconfondibile. L’orizzonte è tagliato da un ponte tubolare con pareti reticolari che rapisce lo sguardo: è il maestoso Ponte della Becca, che con i suoi quasi 1100 metri di lunghezza sovrasta Po e Ticino contemporaneamente, appena prima della confluenza, anche se le acque più chiare del fiume “svizzero” scorreranno parallele e distaccate per parecchie miglia prima di amalgamarsi completamente con quelle del Grande Fiume. Sulla sinistra appaiono per la prima volta tracce di segni di vita in questo mondo che fino ad ora (ponti a parte) potrebbe essere un pianeta sconosciuto della galassia: le officine, le gru, il molo e le barche del Centro Nautico “Amici del Po” e le insegne dei due ristoranti, “Il Barcone” e “Le Rubinie del Po”. A fianco spiccano le caratteristiche House-Boat, ovvero un gruppetto di case galleggianti ancorate alla sponda pavese di quello che è ancora il fiume Ticino. Sotto la “Becca” i due fiumi sembrano la stessa cosa, ma qui l’acqua è troppo bassa per poter “tagliare” e passare subito di là: bisogna superare l’isolotto che c’è fra le rive di Tornello e quelle di Linarolo. Ora si potrebbe fare manovra, inversione e risalire il Ticino, almeno fino a Pavia, per ammirare l’ex città delle Cento Torri affacciarsi sulle limpide acque del suo fiume da cui prende l’antico nome Ticinum Papia. Ma noi proseguiamo dritti, in direzione Est.

Superata la spiaggia naturista di Mezzanino, una nuova ansa ci re-immette in una natura di nuovo selvaggia e incontaminata. Chilometri e chilometri, minuti e minuti di navigazione senza trovare nulla. Le sponde si fanno alte e ripide, la corrente picchiando contro quella pavese sta “mangiando” un sacco di terra. Alcuni alberi sono già caduti, un po’ in acqua, un po’ lungo la ripa, un po’ saranno i prossimi. A San Cipriano dietro un piccolo isolotto sulla destra c’è l’ingresso in un braccio di fiume dalle acque quasi stagnanti. Sembra più una lanca collegata direttamente al Po: si potrebbe raggiungere un molo posto in fondo, ma il fondale è basso, meglio proseguire lungo la via principale. Lo spiaggione di Belgioioso sulla sinistra, l’ansa sulla destra, dopo la quale appare in lontananza un nuovo ponte: è quello di Spessa. In prossimità della foce del torrente Versa ritorna la “vita” lungo il Po, e qui ce n’è parecchia.

Il campanile e i palazzi di Portalbera sullo sfondo, ma più da vicino il molo dell’AvamPOsto, una chiatta sita in alto sulla sponda, trasformata in un ristorante (con annesso dehors esterno) dove si mangia davvero molto bene e (anche) a base di pesci di fiume (indimenticabile la frittura di alborelle che ho assaporato la scorsa estate). Sosta ideale per ora di pranzo, per rifocillarsi, bere ottimo vino della casa, ammirare dagli oblò del cabinato il bellissimo “Mississippi Padano” e scambiare due chiacchiere con Marco Destro, il proprietario della struttura. Lui è un vero “vecchio lupo di fiume”, ha girato i più bei corsi d’acqua di tutta Europa, ha disceso il Danubio e lo scorso settembre ha organizzato una bellissima gita fluviale di due giorni da qui fino a Mantova. Ripartiamo, ributtandoci sul Po con una piacevole certezza: fra pochi mesi (esattamente il 6 giugno) qui correrà di nuovo il raid Pavia-Venezia, la corsa fluviale più lunga e bella di tutto il mondo. Prima del ponte di Spessa ci sono altre chiatte: case private, di simpatici signori di Belgioioso e paraggi, che una volta, per caso, ci hanno invitato a salire e ci hanno offerto dell’ottimo vino rosso e ancora più ottima compagnia. C’è un secondo attracco, più grande. E’ quello della Motonave Beatrice, solo che adesso quest’ultima è ormeggiata più giù, verso Parpanese.

Sotto le prime arcate del ponte della S.P. 199 c’è ammassata una grande quantità di ramaglie. Bisogna passare piano, ma quella è la via consigliata. Poi ci rimmettiamo a centro fiume e diamo tutto gas. Il Po dopo aver ricevuto le acque del Ticino è tutt’altra cosa. Se ci spostiamo sulla sponda destra vediamo un imbarcadero posto sulla confluenza del fiume Olona. E’ l’imbarcadero Oasi Olona di San Zenone. Nei periodi estivi è aperto e ai tavolini esterni sotto gli ombrelloni della piattaforma galleggiante si può bere ottima birra ammirando un paesaggio bellissimo. Nei periodi di secca, l’imbarcadero resta appoggiato però alla sponda, in maniera inclinata. E’ rimasto l’unico posto nei paraggi di Pavia dove si noleggiano canoe e kayak per avventurose escursioni – ma meglio farle sul piccolo e più tranquillo Olona.

Dall’altra sponda un campanile, alcuni tetti e un’inconfondibile sagoma di un piccolo castello fanno subire capire di essere nei pressi di Arena Po. Il piccolo paese di 1.500 abitanti in realtà è uno dei più antichi borghi dell’intera provincia e che conserva ancora testimonianze artistiche del suo passato (la chiesa romanica, il castello trecentesco, ecc.). Il borgo d’arte è convenzionato con l’Accademia delle Belle Arti di Brera di Milano e la locale Libera Accademia di Pittura (fondata dal maestro Gaetano Grillo) è uno spazio unico di alta qualità di tutto l’Oltrepò per tutti coloro che vogliono intraprendere o approfondire un percorso artistico. Proseguiamo e arriviamo (sulla sinistra) a quello che resta dello spiaggione di Zerbo, un piccolo paesino della bassa pavese, ma qui nel 1972 si tenne uno dei più grandi festival musicali di contro-cultura della storia musicale italiana. Fu la seconda edizione del Festival di “Re Nudo” (una nota rivista intellettuale dell’epoca), che si tenne dal 17 al 18 giugno di quell’anno, alla quale parteciparono qualcosa come 30.000 persone provenienti da ogni angolo del continente. Vi suonarono artisti come Guccini, Pietrangeli, Finardi, Marini, Stormy Six, Banco del Mutuo Soccorso, ecc..

Siamo arrivati quasi alla fine del viaggio. Sulla destra le gru delle Pandesabbie, ma soprattutto la graziosa Parpanese ci ricorda che siamo ormai ai confini dell’Oltrepò. La piccola frazione di Arena oggi è solo un pugno di case, ma in passato era un importante porto fluviale; sicuramente che si può ammirare ancora è la splendida pieve in stile romanico e dedicata a San Giorgio Martire. Posta, come il resto delle case, direttamente su un terrazzo fluviale, senza arginazioni, Parpanese è dotata di un comodo attracco: ci sono servizi igenici e una utile area di sosta per i naviganti come noi. Poco più avanti ecco la “Beatrice”, l’unica motonave qui in “Louisiana Pavese” che organizza escursioni e gite lungo il fiume Po. Sullo sfondo, infine, il ponte di Castel San Giovanni. Pieve Porto Morone da una parte (la sinistra, ancora lombarda), Pievetta e Bosco Tosca dall’altra, che sono già emiliane: altri viaggi, altre storie, altri posti da esplorare e riscoprire, tutti lungo questo bellissimo fiume, il Po, che meriterebbe più attenzione, più cura, ma anche una certa “riscoperta” da parte di chi ci vive a ridosso.

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