La Collettiva Errante alla riscoperta della bellezza, della lentezza e di una vita più ecosostenibile

VOGHERA – La Collettiva Errante è gruppo culturale dell’Oltrepò, nato dall’unione di amiche “dalle menti vagabonde, affamate di nuove vedute, di soglie oltre l’altrove e sempre alla ricerca di tutto ciò che nel tempo è andato coperto dalla polvere del superficiale e del superfluo”. La Collettiva accompagna con gioia in un percorso fatto di meditazioni guidate, letture di poesie e cammini conoscitivi delle opere esposte. Lo scorso 25 luglio hanno occupato per un’intera giornata il medievale Castello di Branduzzo (giornata realizzata in collaborazione con la Pro Loco di Castelletto). Monica Sambo, Chiara Cebrelli, Veronica Shailou Simeoni, Michela Zelaschi e Carlotta Paesotto spiegano più nel dettaglio in cosa consiste questa associazione. “Non è un’associazione, in realtà -corregge subito Chiara- E’ un gruppo di amiche di vecchia data che si sono ritrovate con l’intenzione di fare qualcosa di bello e di creativo al termine del periodo di chiusura che abbiamo vissuto. Ognuna di noi arriva da un percorso diverso, con la propria professionalità: per esempio, io ho studiato Architettura, con indirizzo Restauro, e ho cominciato a dipingere durante il lock-down. Dipingo boschi su legno e il mio è un percorso spirituale attraverso il bosco, per cui ho voluto perdermi all’interno di un mondo completamente selvaggio per ritrovare me stessa. Non solo oblii boschivi, tuttavia, ma anche costellazioni: sono molto affascinata dalle storie delle varie etnie del mondo che riguardano le stelle e ho iniziato a studiare le Pleiadi. Infatti, alla manifestazione del 25 luglio a Branduzzo, ho presentato un’installazione ricavata da una base di tronco e una spirale costruita sulla sequenza di Fibonacci. Ho trovato un punto del castello dove c’era un tumulo – presumibilmente anni fa c’era un grande olmo – da dove usciva una grandissima energia, per cui abbiamo invitato le persone a percorrere questa spirale per arrivare al punto energetico e ricaricarsi”.

Monica è la poetessa del gruppo, che si racconta così: “Ho studiato anch’io Architettura, però mi è sempre piaciuto scrivere poesie fin dai tempi universitari. Durante il lock-down questa passione è venuta fuori maggiormente”. Carlotta, invece, si occupa di restauro e decorazione: “A fianco del lavoro di restauro, presento dipinti di animali su legno. Sono animali guida del bosco, che richiamano le nostre radici. Ho anche autoritratti fotografici con aggiunta di corteccia, che in un’occasione sono stati affiancati a uno spartito vuoto di Monica, che rappresentava il Silenzio, il tutto presentato in una scenografia dove all’interno di un portico uno scalone invitava visivamente a salire, a mettersi in ricerca e a guardare in alto. Mi è piaciuto questo accostamento, dove si parlava di punto di contatto fra interno ed esterno. Infatti, la corteccia rappresenta negli alberi ciò che la pelle è per noi”.

Cosa accumuna, quindi, persone di percorsi artistici così diversi? “Sicuramente tutto è nato da una spinta creativa volta a riscoprire i valori insiti in noi e legati anche alla Madre Terra e alla Natura. Poi, ognuna di noi l’ha sviluppato secondo il proprio sentire. Molto probabilmente è saltato fuori perché, in quel periodo di lock-down, tutti eravamo chiusi in casa e tutto quel silenzio ha esternato quello che sedimentava dentro: la riscoperta del rapporto fra l’Uomo e la Natura, il ritorno alla lentezza, a una vita più equilibrata ed ecosostenibile”. Le ragazze si sono sentite libere di usare dei mezzi comunicativi molto differenti, anche giocando, perché le installazioni di Monica, per esempio, sono molto gioiose e divertenti. “Mi sono resa conto, quando tutti erano sui balconi a cantare, che oggi comunichiamo solo in maniera virtuale -aggiunge l’interessata- Tante volte i testi non hanno tono e possono generare fraintendimenti. Così, ho voluto riportare nelle mie poesie quella che è la forza della singola parola, perciò è nata l’idea di inserire le poesie fra pentagrammi musicali, evidenziando ed estraendo le lettere ‘SI’, ‘FA’, ‘RE’, ‘DO’, ecc. dal singolo testo, giocando molto anche sulla forma del foglio, facendo diventare le parole e le lettere molto visive e trasmettendo l’idea che esse hanno importanza nel tono, nella cadenza e nella sfumatura”.

Nei prossimi tempi cosa avete in programma? Risponde Chiara: “La prossima data della Collettiva Errante sarà il 29 agosto al Giardino delle Idee di Voghera, dove riproporremo le nostre opere all’interno di uno spazio molto diverso. Noi siamo alla ricerca di boschi e giardini, infatti abbiamo lanciato un appello su Facebook anche a quei privati che volessero offrirci la possibilità di godere dei loro spazi dove poter installare le nostre opere. Dobbiamo ancora definire la data, ma ci sarà anche una giornata a fine settembre a Casalnoceto, nel giardino di Palazzo Vaccari e nello spazio verde davanti all’Oratorio di San Rocco. Sarebbe interessante per l’evento riuscire a portare anche un pianista, che ci accompagni con la musica. Ultima tappa che ci piacerebbe molto realizzare, ma siamo ancora in attesa di conferma, è al Bosco Negri di Pavia, in mezzo alla radura dell’associazione LIPU. In alternativa, il Bosco Arcadia di Pancarana a ottobre”. La vostra filosofia è in parte una rottura verso il mondo odierno, che comunque non va certo lento, bensì propone il culto della velocità, della frenesia, dei social network e dove anche i rapporti fra le persone sono freddi e aridi. Andate proprio in controtendenza a questa società? “Noi vogliamo trasmettere dolcezza, però nella maniera passiva e lenta -risponde Monica- Scardiniamo quello che è la velocità di adesso con quella che è la lentezza, una maniera di opporci un po’ gentilmente e un po’ alla maniera ‘Orientale’ alla società attuale. Fra noi c’è anche Veronica, che si occupa di meditazione e ci sono esperienze all’interno della giornata dove si può riuscire a ritrovare un percorso”. Veronica è genovese, l’unica componente extra-oltrepadana ed è architetto, interior designer, consulente di Feng Shui materiali per il benessere in casa, illuminotecnica, nonché pittrice e appassionata di architettura, arte, natura e percorsi di consapevolezza. Inoltre, si occupa anche di pranoterapia, Master Reiki, Crystal Healing, meditazioni e  conduce serate e corsi di tecniche energetiche e meditazioni. “Abitare la Terra vuol dire sanare tutte le relazioni, con i luoghi, con le persone, con noi stessi e camminare il nostro Sentiero in pace, armonia e rispetto -racconta lei- Inoltre, vuol dire ricondurre al Cerchio della Vita il dialogo tra noi, le nostre case e i luoghi dove sorgono”.

Infine, Michela, che si occupa di ricicl-abiti e nere_nelli. “”La Collettiva Errante è una esperienza nuova e vivace che mi ha dato lo stimolo per continuare a creare attraverso un linguaggio già utilizzato e trovandone di nuovi,  confrontandomi con amiche artiste” racconta. Ma che ruolo occupa esattamente all’interno del gruppo? “I ricicl-abiti sono forme composte da frammenti di tessuto vegetale avanzati dalla confezione di abiti realizzati su misura. I lembi non vengono uniti nel modo consueto ma lasciati liberi di sfilacciarsi. La materia vegetale trasformata in fibra può ancora essere libera di librarsi, di muoversi all’aria come se fosse ancora stelo legato alla terra. Piccoli punti catenella al diritto fanno le veci di orli e giunture. Il risultato è totalmente inconsueto e il colore presente sulle fibre naturali è ricavato da spezie di cucina, vino e fondi di caffè. Il messaggio è semplice: ogni cosa che noi facciamo o creiamo ha un impatto sull’ambiente. Il cercare di riutilizzare il più possibile, impegnandoci a creare meno rifiuti, è doveroso e in questo caso anche meravigliosamente bello. Ora più che mai c’è l’urgenza di divenire consapevoli che non abbiamo più tempo. Se l’uomo non agirà sul proprio stile di vita, verrà letteralmente schiacciato dalla sua mancanza di consapevolezza. Un abito è un involucro vuoto senza un corpo all’interno, è come un uomo che senza consapevolezza non può avere un’anima ed è vuoto. I miei ricicl-abiti vogliono rappresentare questo e quindi non sono stati creati per essere indossati”.

E i nere_nelli, invece, cosa sono? “Il contatto con la natura viva e vibrante mi porta a conoscere e guardare piante curiose, grasse, simpatiche e insolite e mi porta a volerne cogliere l’essenza. La costrizione ingiusta della quarantena mi ha oppresso, disgustata e tolto il respiro, ma queste creature vegetali mi hanno aiutato a ritrovare un mondo vivo, sincero, forte, vibrante e  senza compromessi con il quale dialogare. Le ritraggo, le idealizzo, ne vorrei comunicare l’essenza profonda. Il colore è troppo banale, troppo interpretabile, invece il nero è l’essenza e il contenitore di tutti i colori. L’ispirazione proviene dalla meravigliosa pittura Sumi giapponese. La perfezione di un unico gesto della mano che impugna il pennello inzuppato di inchiostro nero sulla carta bianca crea la forma. Non mi basta, però, un unico gesto: lo arricchisco, lo lavo e creo una patina. Un velo di colore che dà storia al disegno. Il retro dei fogli si rivestono di vecchi giornali di recupero e ognuno di essi è un collage di immagini, di foto, di parole e all’interno c’è un messaggio, sempre quello: rispettiamo noi stessi, l’ambiente, la bellezza guardandoci dentro, non limitandoci alla facciata”.

Concludiamo la chiacchierata volgendo lo sguardo al di fuori di queste opere, verso questa società, troppo veloce e frenetica, che la Collettiva Errante vuole cambiare. Pensate che in una società appena descritta ci siano ancora gli spazi per recuperare quello che voi cercate di raccontare? “Pensiamo che un po’ di margine ci sia ancora. E’ una società che si fonda sull’immagine e cerchiamo di riacchiappare le persone e di riportarle con i piedi letteralmente per terra”. E per quanto riguarda il nostro territorio, l’Oltrepo Pavese, su che tipo di riscoperte puntate? “Le nostre colline, i vigneti, il fiume Po, i castelli, le ville… L’altro intento nel nostro gruppo è coinvolgere i proprietari di queste ville e tenute, e aprire i loro giardini. Se mai si dà importanza al territorio può nascere solo qualcosa di buono. Se noi riuscissimo a valorizzarlo attraverso le nostre opere, riusciremo a far capire alle persone che possono viverlo meglio con la lentezza. Non si deve andare  lontano per riscoprire la bellezza, basta anche solo guardarsi attorno, magari già nel parco del paese dove si vive”. 

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