VAL DI NIZZA – L’Oltrepò pavese è ricchissimo di specie animali e vegetali che lo rendono un’area di alto pregio ambientale. Pensiamo ai pesci come la lasca, il barbo, o l’arborella che sono endemismi del bacino padano e che sopravvivono solo nel Torrente Staffora e in pochi altri corsi d’acqua. O il gambero di fiume, presente nella forma autoctona in Staffora e nei suoi affluenti. Senza poi parlare delle innumerevoli specie di pregio di uccelli, mammiferi o invertebrati. “Ma anche la biodiversità a livello agricolo è importantissima, tanto che il 2019 è dedicato al tema dell’agricoltura e il suo ruolo per la salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente. – Spiega Simona Guioli direttore del museo di Scienze Naturali di Voghera – Il ruolo dei Musei naturalistici è sia quello di monitorare e censire, in concerto con gli altri enti preposti, questa ricchezza e saperla raccontare e valorizzare sia a livello culturale sia a livello educativo e turistico. Storicamente parlando l’Italia vantava oltre 8.000 varietà di frutta, contro le 2000 scarse attuali e di queste peraltro i tre quarti rischiano l’estinzione. E per questo che i contadini, al pari dei naturalisti, sono i depositari e i custodi della biodiversità. Al contrario delle distese a monocoltura che possiamo trovare in pianura, l’Appennino è da sempre vocato alla frutticoltura sia essa vite o alberi da frutta. Le innumerevoli varietà che caratterizzano il territorio collinare e pedemontano sono l’esempio tangibile di questo. I contadini sono stati i depositari di questa ricchezza, tramandandosi nei secoli varietà particolari di uva, ciliegie, mele, pere e così via…e oggi lavorano per valorizzare queste forme antiche, seppur meno commercializzabili delle classiche più diffuse e ubiquitarie”.
Ognuna di queste antiche varietà infatti racconta la storia del territorio, la storia di dominazioni, di commerci sulla via del mare, ma anche di un ambiente che ancora resta incontaminato. Davanti a una mela o una ciliegia vediamo le fatiche di secoli che i contadini hanno riposto nel portare avanti la tutela del territorio, preservandolo dall’abbandono, dallo spopolamento. “Vediamo un territorio ricco di storia e di un ambiente pregiato. Vediamo però anche la qualità di un prodotto che, seppur di nicchia, presenta alti valori nutrizionali, pochi trattamenti e il forte spirito di resilienza che lega i contadini a questo territorio. – Continua Simona Guioli – Un esempio tra tutti lo troviamo nella Pomella Genovese. Un’antica varietà di mela che fonti storiche ci fanno risalire al tardo medioevo, anche se è grazie alla presenza dei Longobardi che dobbiamo la tradizione della coltivazione della mela in Valle Staffora. Un recente progetto condotto dal Sistema Museale Oltrepò pavese, Università cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Associazione Pietra Verde, ha permesso di riscoprire e valorizzare questo frutto. Studi agronomici e genetici ne hanno caratterizzato l’essenza, studi storici ne hanno comprovato le radici antiche e il suo valore commerciale sulle rotte del Mediterraneo. A ciò si sta aggiungendo il contributo che Slow Food sta dando nella riscoperta di questo prodotto. Per continuare su questa strada e creare una rete anche con gli altri prodotti tipici del territorio è nata un’associazione che raggruppa vari produttori, che credono in questa idea e che stanno investendo in questa direzione”.